Scrittore e critico letterario italiano. Si
formò alla scuola di G. Carducci, con il quale si laureò in
Lettere nel 1904 a Bologna, discutendo una tesi sullo
Stile dei
“Trionfi” di Petrarca (pubblicata nel 1929, postuma): dal
maestro, al quale dedicò nel 1907 una partecipe
Commemorazione di
Giosuè Carducci, trasse l'attenzione critica per lo stile e per gli
aspetti tecnici dell'arte. Dopo aver frequentato (1907-08) a Firenze un corso di
perfezionamento presso l'Istituto di studi superiori, nel 1908
S.
ritornò nella natia Cesena, dove fu dapprima insegnante (1908) e
quindi, a partire dal 1909, direttore della biblioteca Malatestiana. Qui
condusse un'esistenza appartata e discreta, dedicandosi a letture e ricerche
letterarie: per l'influsso sia delle dottrine estetiche di B. Croce, sia
soprattutto del Frammentismo, fu indotto a elaborare un proprio metodo di
indagine critica, poi applicato nei suoi saggi, fondato sull'intuizione, sulla
tendenza a isolare, in un'opera, i passi e le forme di pura poesia, sul
coinvolgimento emotivo nell'intreccio delle immagini e dei problemi
esistenziali. Dei suoi numerosi articoli e saggi, alcuni sono dedicati a testi
greci classici (
Intorno al modo di leggere i greci, 1910), altri ad
autori stranieri, come R. Kipling, R. Rolland, Ch. Péguy, altri ancora (e
questi sono forse i più rilevanti) a scrittori italiani contemporanei, in
particolare a quelli connessi con l'ambiente della Romagna, terra cui
S.
fu sempre legato da un affetto istintivo e sincero. Oltre ai contributi su
Panzini, Beltramelli e Oriani, dei quali seppe analizzare l'opera e tracciare
con profonda intuizione il ritratto psicologico, particolarmente notevole appare
il
Saggio sul Pascoli (1910), che costituisce sia una rispettosa ma ferma
polemica contro il giudizio negativo espresso da Croce, sia una prova della
capacità di
S. di penetrare la poesia altrui, giungendo a
identificarsi con le diverse situazioni liriche. Il suo peculiare metodo critico
lo avvicinò ai redattori della rivista “La Voce”, fondata da
G. De Robertis, della quale fu per lungo tempo collaboratore. Allo scoppio del
primo conflitto mondiale, al quale prese parte e nel quale trovò la morte
in combattimento, con l'
Esame di coscienza di un letterato (1915)
S.
contribuì in modo rilevante alla riflessione critica degli
intellettuali, divisi allora fra interventisti e neutralisti; in quest'opera
egli affrontò il mai risolto problema del rapporto fra letteratura e
vita, fornendo una sentita risposta personale: pur consapevole
dell'inutilità della guerra, destinata a non cambiare nulla, né
gli uomini, né il mondo, né tanto meno la letteratura, si
schierò a favore della partecipazione, avvertita come sacrificio
necessario e condiviso con uomini capaci “di vivere e di morire insieme
anche senza saperne il perché”. Le sue
Opere furono
pubblicate postume, in quattro volumi (1919-23); prima della sua scomparsa
uscì solo un volume,
Le lettere (1914), dedicato a scrittori e
libri del primo Novecento. Dalla lettura dei suoi scritti e
dall'
Epistolario (1934, postumo) emerge il ritratto di un individuo di
temperamento inquieto, diviso fra rigore morale e sensibilità decadente,
fra desiderio di confessione autobiografica e composto riserbo, ma comunque
testimone attento e partecipe delle tensioni e delle voci del suo tempo (Cesena
1884 - Podgora, Gorizia 1915).